martedì 17 novembre 2015

Il ladro di voci - Jacob Rubin

Il ladro di voci, Jacob Rubin. Edizioni Clichy, 2015. 326 pagine, 15,00 euro.

Voto: 8-

Giovanni Bernini. Ricordatevi questo nome. Il nome del ladro perfetto. Ma non un truffatore qualunque, no. L’oggetto del suo desiderio non sono gioielli o contanti. Sono le voci. Le voci umane. Giovanni Bernini, protagonista del romanzo d’esordio "Il ladro di voci" del newyorkese Jacob Rubin, ha una dote particolare: quella di riuscire ad imitare le voci delle persone. Non di quelle famose, del personaggio in voga del momento, ma del vicino di casa, del passeggero ignaro che frequenta la metropolitana al mattino, con gli occhi ancora cisposi di sonno.

A Giovanni basta trovare quel filo sottile che spunta dalla cucitura del travestimento di ogni uomo. Non esiste travestimento che Giovanni non sia in grado di sciogliere, svelare, portare alla luce con la sua capacità strabiliante.
E ci vuole poco a rivoluzionare la sua vita. Così nasce una stella! Abbandona la madre, con la quale ha quasi un rapporto morboso ed edipico, per il suo nuovo agente Maximilian Horatio, grazie al quale salirà sui più illustri palcoscenici. 
La sua esistenza è tutta lì. In quelle voci estranee, che fa proprie. E proprio durante il suo tour, incontra Lucy Starlight, la sua prima donna,  una cantante bellissima, la quale inizia a scardinare le sue certezze:

“Il suo obbiettivo è spogliare il mondo intero. E’ questo che la attira verso persone come me e te, che non si fanno spogliare facilmente”.

Per la prima volta Giovanni si osserva davanti allo specchio, come fa ogni volta per imparare le movenze e far proprio il “tallone d’Achille” delle sue ignare marionette, e vede se stesso. Non Lucy. Lei, non riesce ad imitarla. 

“Mi ha sorpreso la difficoltà che hai avuto nel farla tua” disse “Sul palco, intendo”.

Ricordando il surrealismo e l’improbabilità delle commedie di Woody Allen, Jacob Rubin delinea una storia che riesce a far sorridere amaramente come fa lo stesso protagonista durante il suo iter di scoperta e, più propriamente, di ri-scoperta di se stesso. La tragicità dell’evidenza, della rivelazione di ciò che è e di ciò che è stato, è mitigata dall’umorismo sferzante di cui il romanzo è pregno. Un esordio da non lasciarsi sfuggire!

Consigliato a: chi sta facendo i conti con se stesso; chi li ha già fatti; chi ama sorridere e ritrovarsi al contempo avvolto da una sottile malinconia; chi ama i finali sorprendenti.

Citazione: “Dicono che sei un impostore, amico”, mi aveva detto una volta un tizio all’ingresso dell’Hotel San Pierre. “Ed è vero, infatti” avevo risposto io.

1 commento:

  1. La Clichy mi piace molto, ma mi sento più vicina alla collana francese rispetto ai Black Coffee. Tra i titoli di questa collana, però, questo è quello che mi incuriosisce di più.

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