mercoledì 22 febbraio 2017

Le nostre anime di notte - Kent Haruf

Le nostre anime di notte, Kent Haruf. NN Editore. 200 pagine. 17 euro.

Voto: 8,5

Mi mancava Holt.
Mi mancava quella piccola e immaginaria meraviglia di città del Colorado, dove l’incanto si fonde con la grettezza di quello che sono in realtà le provincie americane. 
Ho ritrovato tutto questo nel romanzo postumo e semi-autobiografico di Kent Haruf, scritto nell'ultimo momento della sua vita, durante il quale la forza della scrittura riusciva in un certo senso a sconfiggere e ad esorcizzare l’arrivo della Signora in nero.

Haruf presenta Addie e Louis, due anziani vedovi vicini di casa. Addie è una donna forte e coraggiosa, soprattutto per aver bussato un giorno alla porta di Louis e per averlo invitato a passare le notti da lei.
La solitudine, talvolta, è silenziosamente opprimente. È una goccia che scava sempre più a fondo e corrode, e la vecchia donna non riesce più a tenerla a bada, è logorata, e ha bisogno di un aiuto. E iniziano così quelle notti fatte di parole e di sussurri, di verità e di autenticità. Notti a due che gli abitanti di Holt non perdono un secondo per notare, e i pregiudizi, le illazioni, le maldicenze si rintanano dietro il capanno degli attrezzi di Louis.

Ma Addie trova tutta la forza che una donna possa mai avere, e se ne infischia. 
Se ne infischia dei vecchi avventori del bar del paese, se ne infischia persino del figlio Gene, scottato dalla morte prematura della sorella e dell’affetto mancante da parte del padre. Addie, in una sorta di struggente delicatezza accompagnata dalle parole di Haruf, ricomincia a provare qualcosa di intimo, quasi di virale e dimenticato, qualcosa che si avvicina tremendamente all'amore, grazie a Louis, e al piccolo Jamie, il nipote che soffre terribilmente la fine del matrimonio dei suoi genitori.

Niente è assurdo o impensabile, per i due anziani vicini di casa. È solo arrivato per loro il momento di vivere la felicità che entrambi si meritano. E la vivono raccontandosi, parlando di loro, svolgendo il compito di nonni acclamati e amati da Jamie, e tenendosi per mano in quell'enorme letto matrimoniale che non vedeva sorrisi da troppo tempo.

“E così, la vita non è andata bene per nessuno dei due, quantomeno non come ce la aspettavamo”.
“Anche se adesso, in questo momento, mi sta piacendo molto.”
“A me sta piacendo più di quanto io pensi di meritare”.
“Oh, ma tu ti meriti di essere felice, non credi?”

E la sacra quiete della sera diventa lo scenario perfetto per un dono, altrettanto perfetto, che Haruf fa a noi, abitanti di Holt, seppure a distanza.

lunedì 13 febbraio 2017

"Nessuno come noi" | #ABBIATEGRASSO 12.02.2017 | incontro con Luca Bianchini

I giovani di oggi sono uguali a quelli di trent'anni fa? Magari non in tutto, ma nei sentimenti si.

Ce li racconta Luca Bianchini nel suo ultimo romanzo “Nessuno come noi” (Mondadori, 252 pagine, € 18,00).
Siamo nella fine degli anni ottanta, all'istituto Majorana di Moncalieri, luogo in cui si incontrano i giovani figli di operai della periferia, con i ricchi un po' snob della Torino dabbene.

La scuola diventa il silenzioso testimone dei sentimenti dei ragazzi che la frequentano, dell'amore di Vince per Cate, che ama tutti tranne lui, della loro amicizia con Spagna, i tre cuori in affitto, dell'arrivo del nuovo compagno Romeo, così diverso da loro che non può non entrare a far parte del loro gruppo, delle tresche fra professori, dei piccoli drammi quotidiani.

Un libro dai rimandi fortemente autobiografici, come ci spiega lo stesso Bianchini durante l'incontro (promosso da Iniziativa Donna) tenutosi ad Abbiategrasso, ieri, domenica 12 febbraio, che Mangiapagine ha avuto l'onore di presentare. 
Un libro che si è creato da solo, spulciando un vecchio diario di Luca, in cui raccontava le piccole cose semplici che capitavano a lui adolescente. I frullato-party, gli amori fra i banchi di scuola, le feste in smoking degli amici più ricchi, la tintoria dei genitori.

Si sentono le eco di tempi vicini a noi ma che purtroppo sembrano troppo lontani. È lontana la semplicità di una partita a pallone nella strada, è lontana la semplicità delle telefonate agli amici rigorosamente filtrate dai genitori, è lontana l'epoca in cui la tecnologia non aveva ancora reso schiavi tutti.

Un libro semplice, che racconta una storia semplice in cui chiunque può immedesimarsi, adulti e ragazzi. 
Un libro che però, se letto in modo più critico, può aprirsi a molteplici ed interessanti riflessioni, quali il ruolo della scuola nella crescita dei ragazzi, e il ruolo disarmante e annichilente della tecnologia.
Basta cercare e grattare sotto l'apparente semplicità della trama e delle vicende raccontate.

Luca è stato un gran mattatore durante la presentazione del suo libro, ha fatto divertire il pubblico con aneddoti simpatici della sua vita e soprattutto, è stato molto disponibile con i suoi lettori, intrattenendosi con piacere tra foto, chiacchiere e dediche personalizzate.

Una mattinata fresca a frizzante, diversa dal solito.

mercoledì 8 febbraio 2017

Caro lettore in erba... - Gianluca Mercadante

Caro lettore in erba..., Gianluca Mercadante. Las Vegas editore. 156 pagine. 10 euro.

Caro Gianluca,
ti ringrazio. Un po’ perché il vampiro amante di Jules Verne in copertina è riuscito a tenere lontano da me parecchi Nemici sul mio treno in una fredda mattina di gennaio; un po’ perché il tuo saggio fa un giro concentrico, e io l’ho amato per questo: lui inizia, e termina, sempre “incominciando”, come dici tu. E’ difficile da mettere nero su bianco ma tant’è:

“I libri non finiscono, caro lettore in erba.
I libri cominciano. In continuazione.
E il momento in cui cominciano davvero inizia solo quando si finisce di averli letti.”

Ecco, tu l’hai decisamente spiegato meglio di me. 
Per questa missiva necessiterei decisamente dell’aiuto dei tuoi amati classici, magari di Gregor, oppure di Emma. E perché no, anche di un bel “bau!”, di quelli fatti bene eh, di Cujo, mica quell’abbaiare da nulla che si sente tutti i giorni.

Sì, ti ringrazio perché hai dato voce, di nuovo, ai classici senza tempo. Perché hai dato loro un aspetto attuale e hai rivendicato la loro sana voglia di essere riscoperti, e credimi, vengono riletti ogni giorno, senza che nessuno dica niente (per esempio, io ho in borsetta Otto Lidenbrock e il nipote Axel).

Ti ringrazio perchè chi ti legge, impara cosa significa saper trattare con la lingua italiana; impara cosa significa essere proprietari di un dizionario delicato, a tratti pomposo, anche d'altri tempi, ma che una volta malleato e utilizzato nel modo corretto, lascia tutti a bocca aperta. Chapeau, Gianluca.

Ti ringrazio perchè con la tua critica umoristica del mondo dei lettori, sei riuscito a stilare quasi un nuovo dizionario sulle libertà e sui diritti di un lettore, che sono illimitati, come lo scegliere un libro dalla copertina, proprio così. O l'abbandonare un volume semplicemente perchè “non piace” (che terribili parole queste! Lettori! Abbiate il coraggio di professare la fede del “se non mi piace, lo lascio”! Non abbiate paura, siate coraggiosi!) Quasi un Pennac italiano, sei, oserei dire.

Ti ringrazio perchè con la tua fine polemica sull'editoria e su ciò che il mercato ci propina, forse riuscirai a far aprire lo sguardo a librai e ad editori, quest'ultimi interessati oggi più che mai a creare “macchiette” di scrittori autori di best-sellers, piuttosto che veri Shakespeare apprezzati solo col tempo.

Grazie, per aver ridato luce al “nostro popolo” con questo tuo saggio.
Quello dei lettori voraci, di pagine buone, sciupate e vissute per l'amore incondizionato nei loro confronti.

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