giovedì 6 dicembre 2018

giovedì 15 novembre 2018

Basta manuali per la cucina, ora arrivano quelli per diventare perfetti Fascisti!

Ho letto dei libri.
Fin qui tutto normale.
Ho letto dei libri e una rivista.
Anche qui niente di strano.
Ho letto dei libri, una rivista ed entrambi parlavano di Fascismo.
Ahia.

Leggere di un argomento così contro a ciò che sono io come persona, a ciò che penso, a ciò che mi contraddistingue come donna e cittadina non è stato semplice.
Sono passata tra diversi stati d'animo. Mi sono arrabbiata, indignata, ho sogghignato e in certi momenti avrei buttato via tutto dallo schifo che avevo.
Ma poi ho pensato che sono proprio libri come quelli che ho letto, e riviste come quella che compro, i mezzi e gli strumenti per andare oltre. Per capire e cercare di diventare qualcosa di diverso dal classico italiano medio. Lo dobbiamo a noi e alle generazioni future.

Ma cosa ho letto?
Ho letto “Il Fascismo eterno” di Umberto Eco, seguito dal numero 44 del settimanale LEFT, e ho concluso la serie delle mie letture con “Istruzioni per diventare fascisti” di Michela Murgia.

Sarebbero necessarie pagine su pagine per parlare di ogni singolo testo, cosa che ovviamente non ho a disposizione. Cercherò solo di fare il punto della situazione.

Il concetto principale che salta agli occhi, dopo un'attenta lettura, è il fatto che sia i libri che la rivista puntano il dito sul conoscere e capire gli errori fatti in precedenza per non commetterli di nuovo. Secondo Eco il fascismo non è un periodo storico concluso, ma riguarda il mondo, i popoli, la politica e se non prendiamo i dovuti accorgimenti potrà ritornare.

L'Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno di affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: “Voglio riaprire Auschwitz, coglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane!” Ahimè, la vita non è così facile. L'Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l'indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo.


Come fare dunque a smascherarlo? Eco stesso ci viene in aiuto stilando nella sua breve opera (tratta da una conferenza che lo scrittore fece nel '95 alla Columbia University) una lista di caratteristiche del Fascismo Eterno. Lista che va dal culto per la tradizione, al rifiuto del pensiero critico, fino a toccare temi quali maschilismo, eroicità e neolingua alla Orwell.

Anche la Murgia (in)consapevolmente fa la stessa cosa nel suo manuale per diventare fascisti.
L'italiano medio, figura che tanto aborro ma che ahimè esiste, ci vedrebbe davvero una lista di principi da seguire per diventare il perfetto fascista – tipologia di cittadino e di uomo a cui ai giorni nostri purtroppo sempre più persone vengono ispirate ad essere, vuoi per lo stravolgimento politico che stiamo vivendo, vuoi, più probabilmente per ignoranza.
La scrittrice, sull'onda di Eco, avverte:

Manipolando gli strumenti democratici si può rendere fascista un intero paese senza nemmeno pronunciare mai la parola “fascismo” […] ma facendo in modo che il linguaggio fascista sia accettato socialmente in tutti i discorsi, buono per tutti i temi, come fosse una scatola senza etichette – né di destra né di sinistra – che può passare di mano in mano senza avere a che fare direttamente con il suo contenuto.

Nel complesso tragico che porta in luce il manuale dell'autrice sarda abbiamo anche modo di farci due risate con il fascistometro a chiusura del saggio: una sorta di test per vedere se il lettore è più o meno fascista.

Passare poi all'editoriale di Simona Maggiorelli su LEFT – in cui si rivangano i motti dannunziani e il culto di Dio, della patria e della famiglia, da parte del nostro Vicepresidente del Consiglio e Ministro dell'Interno – e all'idea, secondo Checchino Antonini, che noi italiani siamo culturalmente poveri di anticorpi contro il razzismo – dottrina che va a braccetto col fascismo – è molto semplice e purtroppo drammatico.

Potrei riempire pagine e pagine con tutto quello che ho imparato da queste letture, ma purtroppo il mio spazio è limitato. Vi invito però a leggere questi testi, a informarvi su quanto sta accadendo e su quanto accadrà, se non torniamo indietro, ai giganti errori commessi un secolo fa, e li guardiamo con un occhio critico, rinchiudiamo dottrine atroci in modo da non sbagliare più.

giovedì 18 ottobre 2018

Grazie Arto

Un paio di giorni fa me ne stavo tranquilla a rilassarmi dopo una bella doccia, quando mi arriva un messaggio. Sarà sicuramente l'ennesima stupidata.
Non lo è.
Arto Paasilinna è morto.

Non realizzo subito. Ma poi capisco. Capisco che se ne è andato uno degli autori che ha arricchito la mia vita di umile lettrice nell'ultimo anno.
Ma non sono triste. Non bisogna mai esserlo, anche se lo so, è difficile. Pensate a quante risate si faranno là dove se n'è andato Arto. 
Sì, lo so, gli do del “tu” e non mi conosceva neanche, ma per quanto mi riguarda è come se lo conoscessi da sempre. È stato il mio migliore amico negli ultimi tempi, e questo è il mio unico rimpianto, quello di averlo scoperto troppo tardi.

Lo ammetto, ho sempre storto il naso verso gli autori nordici perché non ho mai avuto delle belle esperienze a riguardo, ho sempre trovato il loro stile di scrittura molto lento e flemmatico - sarà colpa della neve e del freddo? Me lo sono sempre chiesto, ma tant'è.
Poi un giorno ho preso in mano “Piccoli suicidi tra amici” ed è stata l'illuminazione. Da quel giorno in poi non ho più smesso di leggerlo e, fortunatamente, ho ancora molta della sua produzione da scoprire e divorare.

I suoi libri hanno rischiarato le mie giornate, mi hanno fatto ridere, sorridere, divertire e incazzare. Il pregio di Paasilinna come autore è stato il fatto di saper descrivere e presentare personaggi sfigati, comuni, credibili, i cosiddetti antieroi. Nei suoi libri che fino ad ora ho letto non ho mai trovato un protagonista che fosse un figo atomico, di successo, con una vita amorosa e lavorativa degna di nota.
Per questo lo adoro. Paasilinna è riuscito a dar voce a uomini e donne che sono (quasi) sempre stati messi da parte nel mondo letterario.

E poi, vogliamo parlare degli animali? In molti dei suoi libri i protagonisti sono animali, che, insieme alla natura, danno voce a quel mondo, di cui purtroppo si parla poco, un mondo un po' dimenticato, ma assolutamente fantastico.

Lo so che queste poche righe sono inutili e non riusciranno mai a dar voce a tutto quello che ho dentro, a tutto quello che penso di questo autore, delle sue opere, di quello che tutto questo è stato per me.
Ma credo fosse doveroso da parte mia ringraziare quest'uomo per avermi fatta diventare la lettrice e la persona che sono ora.

Grazie per tutte le risate, per i tuoi personaggi un po' sfigati, per gli animali e per avermi fatto ricredere sulla letteratura nordica.

mercoledì 10 ottobre 2018

Echi da un destino sospeso – Virginia Bernardi

Cavolo, proprio l'unico giorno che non sono a casa passa il postino?! 
Vabbè domani andrò in posta e vedo cosa doveva consegnarmi. Che poi non aspetto nulla – o probabilmente non mi ricordo io, ma tant'è.

Quello che aspettavo era “Echi da un destino sospeso” di Virginia Bernardi. È stata un po' una sorpresa perché, è vero che avevo scambiato un paio di mail con l'autrice, ma non pensavo che mi mandasse il suo libro così velocemente.
Un bel libriccino, esteticamente parlando, l'immagine di un faro in mezzo al mare e una copertina morbida, quasi soffice e setosa al tatto.
Quasi quasi mi metto subito a leggerlo, anche perché è breve e non dovrebbe portarmi via molto tempo (ma mai dire mai! Ho letto libri di settanta pagine eternamente lunghi da quanto erano scritti male e poco scorrevoli!).

Uh, la protagonista si chiama Camilla, già mi piace, un bel nome, semplice. 
È anche una scrittrice, sempre meglio! Mi piacciono i libri in cui si parla di scrittori.

Dopo qualche ora ho capito che è un libro bellissimo e voglio dirlo anche a voi – sempre che ci riesca, perché quando leggo qualcosa di veramente bello, non sempre riesco a trovare le parole per descrivere il tutto al meglio.

Camilla, una giovane donna, scrittrice in crisi di ispirazione riceve una mail da Valerio, un anziano ammiratore e lettore che la contatta per raccontargli la sua storia.
Non sarebbe potuto arrivare in un momento migliore! Camilla pende dalle labbra di Valerio, che, da perfetto sconosciuto, diventerà amico e parte integrante della sua vita.

Il libro non racconta solo la storia di Valerio, una storia di quattro amici che sono costretti a crescere troppo in fretta, una storia di intrigo, mistero e di amore. 
Il libro racconta anche la storia di Camilla, una donna forte, a cui la vita ha regalato qualche delusione, una donna che non si ferma a commiserarsi, ma che si rimbocca le maniche e reagisce, anche e soprattutto nel momento di sconforto più buio.

Bellissimo questo confronto tra vecchio (Valerio) e giovane (Camilla). Bello perché, nonostante le generazioni diverse, si capisce che la vita, le cose belle, ma anche le sfortune, sono uguali per tutti.

Un personaggio importante è anche la morte, vista come qualcosa di naturale, ma anche come una liberazione della propria coscienza e della vita, per rinascere e ricominciare daccapo.

Il libro della Bernardi si legge tutto d'un fiato, complice la storia – che svelerà un mistero all'ultima pagina – ma anche lo stile di scrittura, che, pur essendo molto descrittivo, è anche decisamente molto evocativo e capace di fotografare i posti magnifici della costiera amalfitana, ma anche le personalità di Camilla, Valerio e dei coprotagonisti.

È stata una bella scoperta. Un bel romanzo, del quale non devo dir nulla di spiacevole - a parte forse il finale un tantino precipitoso, ma ad una storia così ben intrecciata ed architettata si perdona tutto.

Ringrazio ancora Virginia per avermi dato la possibilità di perdermi tra le pagine del suo libro, con Valerio, i suoi amici e Camilla.

mercoledì 26 settembre 2018

Il diner nel deserto - James Anderson


Il silenzio dei luoghi quasi disabitati. Quella terra che sfrigola sotto il sole rigonfio e viene spazzata via solo all'arrivo di automobili di passaggio o di camion, come quello di Ben, protagonista del romanzo. Una stabilità che pare incrollabile ed eterna.
Ma come tutti gli equilibri, anche quello, l'equilibrio del deserto, viene spezzato. 

Siamo nel nulla del deserto dello Utah. Tutto è silenzio. Il camionista Ben Jones attraversa la Route 117 come ogni giorno per incominciare il suo giro di consegne agli emarginati, ai solitari, a chi ha deciso di esistere lontano dalla civiltà.
Ben è il camionista in bancarotta ma è anche un uomo. E' l'uomo che pensa sempre ad una madre mai conosciuta, nonostante il suo abbandono una volta messo al mondo. 
La sua vita perfetta è fatta proprio da questi pensieri e questi viaggi infiniti su una strada che, forse, non porta a nulla.

Ma la perfezione e la monotonia della sua esistenza abitudinaria vengono rotte dall'arrivo di una donna, Claire, accompagnata nella sua fuga solo da un violoncello invisibile. 
Il tutto in una tavola calda, il diner nel deserto di Walt Butterfield, che si staglia come una cattedrale del deserto. Un diner che è chiuso da più di quarant'anni, e la sua storia nasconde un terribile fatto di sangue.
Questo è il nucleo centrale della crime story del poeta e romanziere James Anderson.

«Mi sa che non credo più nel lieto fine.»
«Io non penso di averci mai creduto» risposi. «Ma avrei sempre voluto farlo.»
«Secondo te va bene se forse, solo per il momento, credo in un presente felice?»
«Può andare» dissi «a patto di viverlo insieme.»

E da quel momento, inizia un viaggio. Un viaggio di fughe e di misteri. Di incontri particolari come quello con Ginny, una adolescente cacciata dai genitori ma, nonostante ciò, spensierata e che porta in grembo un bambino che dovrà crescere da sola.

"Il diner nel deserto" è il primo volume di una serie pubblicata da NNEditore.
La scrittura di Anderson è asciutta e diretta, senza fronzoli, e colpisce il lettore, permettendogli di avventurarsi nella vita dei protagonisti seguendone il destino devastante e distruttivo, come le piogge improvvise e torrenziali nei deserti.

lunedì 21 maggio 2018

Salvare le ossa - Jesmyn Ward

“Salvare le ossa”, dice il titolo del romanzo di Jesmyn Ward, edito NNEditore, primo volume della Trilogia di Bois Sauvage. A fine lettura però, il mio scheletro ha subito una fine lenta e drammatica, si è spezzato, e a ricomporlo ci vorrà del tempo.

Sì, perché il romanzo vincitore del Nazional Book Award del 2011 è tremendo e furioso, una volta entrato in noi, spazza via tutto, come l’uragano Katrina, deus ex machina di tutta la vicenda, uno dei più devastanti fenomeni atmosferici che ha portato alla morte e alla distruzione famiglie americane come quella di Esch.

Esch è la protagonista di questa storia, è la Penelope di un Omero americano che tesse le vicende della povertà e del mondo maschile in cui si è ritrovata a vivere. Attorno a lei infatti ruotano solo figure di uomini dalla caratterizzazione forte e dominante, e lei non può che prenderne esempio.
Claude è il padre rimasto vedovo, dedito all’alcool e alla violenza. Randall è una promessa del basket. Skeetah è il fratello che ha conosciuto l’amore solo in forma animale e che rivede negli occhi del suo pitbull China. Junior è il piccolo di casa: la sua nascita ha portato alla morte della madre; lui è il bambino ancora smaliziato e dall’animo dolce e curioso.

Esch si barcamena in un ambiente per lei quasi mitologico, unica donna in un mondo di uomini; è una moderna Medea, quindicenne, che scopre di aspettare un bambino dal suo novello Giasone, ovvero l’amico Manny. Per Esch lui è tutto.

Io sento un movimento dietro il seno, come se qualcuno avesse aperto una canna dell'acqua al massimo, e l'acqua riscaldata dal calore estivo schizzasse fuori dalla pompa, bruciandomi. È amore, e fa male.

Ma la ragazza scopre presto di non trovarsi in un mondo perfetto: infatti per Manny lei non è l’amore che tutti ricercano ma semplicemente un incontro casuale tra le foglie della Fossa, la casa della famiglia di Esch e le zone limitrofe del Mississippi in cui tutto è ambientato. Lui come Giasone sarà l’emblema del tradimento, non solo in amore ma forse soprattutto in amicizia.

“Salvare le ossa” è il romanzo dell’amore rincorso perché il tempo è breve, è scandito dall’arrivo di Katrina che non permette di programmare e di prevedere un futuro. È il romanzo della crescita, della consapevolezza e delle scelte. L’atmosfera incalzante che pervade le vicende narrate permette al lettore di addentrarsi sempre più velocemente nella storia, quasi per timore di non avere più tempo a disposizione.

Tempo per affrontare l’immenso seme che sta crescendo nel ventre di Esch.
Tempo per correre dietro a Skeetah alla ricerca di China e per vederlo trionfare nelle sue lotte tra cani.
Tempo per vedere crescere il piccolo Junior perennemente sulle spalle del fratello Randall, suo padre acquisito, poiché un papà, lui, praticamente non l’ha mai avuto.

“Salvare le ossa” è il romanzo del tempo.
Che viene fermato solo dall’arrivo dell’uragano Katrina.
Unico fattore capace di rimettere in gioco le sorti di questa difficile, complicata, splendida famiglia americana.
E siamo solo all’inizio…

mercoledì 16 maggio 2018

L'EVOLUZIONE DELLA DONNA NEI CARTONI ANIMATI: da donzelle in attesa del principe azzurro a eroine

Sono giorni che penso ai cartoni animati. Soprattutto alla figura femminile nei cartoni animati. Io sono cresciuta a pane e Disney quindi credo che è anche grazie a questi che sono diventata la donna che sono ora. 
Da piccola ovviamente capivo le dinamiche delle storie in modo semplice: i buoni alla fine di un travagliato percorso riescono sempre a sconfiggere i cattivi. Punto e stop.

Crescendo ho cercato di andare più in profondità. Con me sono cresciute le mie idee, i miei interessi, la curiosità di conoscere, di scoprire e di andare più in là delle apparenze.
Con me è cresciuta anche la consapevolezza del mio essere donna. Quindi ho pensato: ma le donne dei cartoni che guardavo da piccola dove sono? Che ruolo hanno? Sono cambiate?

Ho cercato su internet e ho scoperto che i lungometraggi della Disney si aggirano circa sulla sessantina. Ovviamente non essendo una tesi di laurea, ma semplicemente un discorso tra me i fantomatici lettori di queste righe, non mi sembra il caso di esaminarne uno per uno, diciamo che farò un discorso generale ma (spero) coerente e comprensibile.

Nei primi cartoni la figura femminile era per lo più relegata al classico ruolo di donzella da salvare. Si pensi a Biancaneve, Cenerentola, la bella addormentata, tutte principesse che agiscono poco e che necessitano di una figura maschile per dare un twist positivo alla loro vita. 
Bisognerà aspettare fino al 1991 (!!!) per avere la prima eroina dei film Disney, ovvero Belle, l'emblema della donna a cui aspiro: lettrice, intelligente, una donna che lotta contro tutto e tutti per far capire che le apparenze ingannano e che è necessario andare oltre.
Da qui in poi fortunatamente è un crescendo di donne che da deboli femminucce in attesa del principe azzurro si trasformano in donne guerriere, sicure, forti, come Pocahontas, Megara, Mulan, Elsa... Donne che ovviamente fanno degli errori, ma per una volta non hanno bisogno di essere salvate. Si salvano da sole.

È interessante vedere come sia stato necessario arrivare agli anni Novanta per dare una svolta alla figura femminile, ma invece già negli anni Trenta la donna era la megera, la strega cattiva di Biancaneve, la matrigna di Cenerentola, la scuoia cani Crudelia, la taglia teste Regina rossa.

Quindi si aveva il coraggio di rappresentare la donna cattiva, ma non lo si aveva per rappresentarla eroina.

Fortunatamente i tempi sono cambiati e stanno cambiando. Il percorso di rivalutazione del ruolo della donna all'interno di una società prettamente maschilista è e sarà ancora lungo.
Con queste poche righe ho cercato di smorzare i toni, ma nello stesso tempo di far capire quanto anche le cose piccole e infantili che ci circondano (come i cartoni animati) possono dare spunti interessanti di discussioni.

Grazie.

martedì 10 aprile 2018

Bianco - Marco Missiroli

“Bianco” è un romanzo di redenzione e di riscatto.
E di guerra. Ad armi impari.
Le mani di un bambino “nero” contro la cattiveria degli adulti “bianchi”. Non so se mi spiego.

Allora la negra sollevò mezz'occhio. "Dopo ci si fa l'abitudine, vedrà signor Moses." "A cosa?" "Alla fine che ti gira intorno" sorrise.

Marco Missiroli ci racconta di Moses, il protagonista della storia, un vecchio romantico e insicuro, “capobranco” di una di quelle sette create appositamente per sconvolgere la vita degli uomini di colore.
Siamo in America e precisamente in un tranquillo quartiere di bianchi ai pressi di un fiume che trascina con sé tutti, quando arriva la propria ora. Dovremmo essere tra gli anni Sessanta e Ottanta, anche se il momento storico è imprecisato. Ma l’odio razziale ci fa credere di essere tornati agli anni Cinquanta.

L’equilibrio di quel paese bianco viene scalfito dall’arrivo di una nuova famiglia che si insedierà nella casa vicino a Moses. Il marito nero e la moglie, bianca come il latte, insieme al figlio Martin e alla suocera malata di quel male che distrugge a poco a poco i polmoni.
Tutto cambia, si contorce, si crepa.
Gli abitanti del paese idilliaco hanno solo uno scopo: cacciare quella famiglia.

L'evoluzione della società, qui, non esiste.
Nel paese di Moses regna il proselitismo verso un clan mai morto e stolto, che punta il dito sulla diversità del colore di pelle.
Perchè i “bianchi” sono migliori dei “neri”. E i “neri” bisogna neutralizzarli; qualunque modalità si scelga di utilizzare per perseguire lo scopo, è lecita.

Quanta stoltezza! Quante bugie si nascondono nel “volere di Dio”, quel Dio tanto decantato da Moses e dai suoi seguaci. Quel Dio che a detta loro chiede con fermento di scacciare la famiglia del peccato. E lo chiede soprattutto a Moses, che si troverà, non per la prima volta nella sua vita, a compiere una scelta.

Chi è Moses alla fine davvero? L'uomo redento oppure solo un umano, divorato dai sensi di colpa proprio ora che si avvicina alla fine della propria vita?
Difficile rispondere a questo quesito, ma certamente è l’uomo della salvezza.
Sotto tutti i punti di vista.
Missiroli ancora una volta strazia il cuore, decisamente.

“Noi ci rincontreremo.” “Ci rincontreremo, sì.” “E tu sarai li ad aspettarmi?” “Sì, io sarò lì.” “Tu ci sarai.” “Per te, Moses.” “Allora io ti porterò dei fiori, fiori migliori di questi.” “Sì.” “E andrò a tempo.” “E mi condurrai.” “Sì, io ti condurrò."

martedì 27 febbraio 2018

L'altra madre - Andrej Longo

"Lo vedi l'orizzonte?" ha detto una volta un amico mio. E mentre lo diceva ha indicato con la mano l'azzurro del mare che si sbagliava lontano mischiandosi al cielo.
"Lo vedo, e allora?".
"E allora, a guardarlo da qua, pare che là in fondo ci sta la fine di ogni cosa. Però poi, quando ci arrivi, ti accorgi che non era la fine, ma solo l'inizio di un altro orizzonte".
"E vabbuò," ho detto io "ma questo è un fatto che lo sanno tutti".
"Sissignore, 'o ssanno tutti, ma poi nisciuno s' 'o ricorda".

Da una parte c’è Genny. Ha sedici anni ed è un ragazzo con la testa a posto; lavora come cameriere in una Napoli dei quartieri più poveri, aspettando il momento di tornare a casa da mamma, che passa la giornata a cucire orli ai pantaloni per un tozzo di pane, e che sopravvive con i tarocchi e la bombola d'ossigeno.

Dall'altra parte c'è invece, almeno all'inizio, Tania, una quindicenne studiosa che ha una madre non ingombrante nonostante il suo lavoro. Perché sì, Irene fa la poliziotta.
E il protagonista di tutta la vicenda è proprio il suo destino, avverso. Durante un turno di lavoro Irene scopre che a seguito di uno scippo finito male di due balordi in motorino, la sua bambina è rimasta uccisa.

Come si legano, allora, i poli opposti del filo che attraversa Napoli?
Il punto di incontro è che quel motorino lo guidava Genny.

E’ una vendetta più che una giustizia quella che Irene rincorre e tenta di afferrare per tutto il romanzo. Una nemesi privata, autonoma, fatta di manipolazione e sequestro, costruita attorno a tutto ciò che un membro delle forze dell'ordine e in primis una madre, non dovrebbero mai fare.

Eppure.
Eppure la rabbia di Irene è troppo forte. Oscura la sua vista. Oscura il suo sentimento materno. E la pietà sembra non debba arrivare mai.
Eppure...

Andrej Longo nel suo romanzo "L'altra madre" narra Napoli, quella bella e quella sporca, quella pietosa sentimentale a braccetto a quella camorrista. Andrej Longo racconta di quella umanità potente e vera ed empatica e penitente. E ne crea una sceneggiatura perfetta.

martedì 20 febbraio 2018

A misura d'uomo - Roberto Camurri

Un quadro fatto di racconti incastrati tra di loro senza seguire un filo cronologico ma l’innocenza data dalla freschezza delle storie che Roberto va a narrare. Ecco cos'è “A misura d’uomo”, romanzo di esordio di Roberto Camurri (NNEditore).

La cornice, poi, è costruita sulle vite di Davide e Valerio. 
E Anela. Perché una donna che ingarbuglia, per me, ci deve sempre essere.
Questo triangolo, fatto anche dall'assenza in realtà di uno dei vertici, getta le fondamenta per narrare poi le storie di tutti gli altri personaggi del romanzo di frontiera italiano.

Sì, romanzo di frontiera. Perché “A misura d’uomo” è ambientato a Fabbrico, il paese di Roberto, che ama e odia incondizionatamente.
E chi ama davvero quel “Tecsas” di Fabbrico, se lo tatua anche sulla pelle, come Roberto. O nel dna, come Davide, Valerio e Anela.

È un romanzo, questo, avulso da qualsiasi tipo di giudizio; chi racconta le storie di Elena, Mario, ma anche di Bice la barista e del vecchio partigiano Giuseppe, tenta in qualche modo di dare uno sguardo esterno alle vicende, come una divinità che impone le mani e guida i suoi burattini.
Tutti i personaggi di Roberto vivono entrambe le facce della classica medaglia, insieme, contemporaneamente; e forse è proprio in questo che sta la loro umanità. 
Sappiamo tante cose di loro, ma mai abbastanza. Sappiamo per esempio che Davide e Valerio si conoscono da quando sono bambini e che solo in età adulta la loro vita viene scombussolata dall'arrivo di Anela.
Ma non sappiamo nient’altro.
Non sappiamo per esempio che lavoro faccia Anela, oppure non sappiamo come si lava Giuseppe se non va a trovarlo nessuno.
Ma non importa.
“A misura d’uomo” è un romanzo fatto anche di questo. Di vuoti incolmabili ma assordanti, che non abbiamo bisogno di riempire, perché parlano da soli. Come si diceva sabato durante l’incontro con l’autore alla libreria Le notti bianche di Vigevano.
E poi ci sono le emozioni.

“Ludovica si sta lavando i denti, lui resta fermo a guardarla, seduto sul water, è un rito abituale tra loro, uno spazio per dirsi le cose, un modo di stare insieme da quando lei è alle superiori, da quando ha iniziato a diventare autonoma, da quando si vedono sempre meno.”

E Roberto le descrive in maniera esaustiva e densa e vitale. Perché così sono.
Perché così sono le vite che si intrecciano e si scontrano e si incontrano in quel di Fabbrico.
Questo quadro è decisamente un’opera d’arte da conoscere e da assaporare, da guardare nei minimi dettagli. Da leggere dall'inizio alla fine.

martedì 23 gennaio 2018

Le assaggiatrici - Rosella Postorino

In principio era Margot. 
Prima di qualsiasi altra Rosa. 
All’inizio, dico, c’era Margot Wölk, la prima “assaggiatrice” dei pasti del Führer. Ed è proprio a lei che Rosella Postorino si ispira per narrare le vicende di Rosa e delle sue nove colleghe. La protagonista del romanzo di Rosella svolge lo stesso lavoro della vera Margot, ovvero è tenuta ad assaggiare i piatti che escono dalle cucine del quartier generale di Wolfsschanze, al fine di scongiurare qualsiasi tentativo di avvelenamento del Führer.

“Le assaggiatrici” è stato presentato sabato 20 gennaio presso la libreria Le notti bianche a Vigevano, ed insieme all’autrice ha dialogato il “conosciuto” Ivano Porpora. È un romanzo denso, quello della Postorino. Si fa fatica a prendere in mano e a trattare in modo totale tutte le tematiche che ne fuoriescono. Ma sabato, forse, ci siamo riusciti.

Tutto ruota intorno alle sue donne.
Le donne di Rosella sono emblematiche, sono coloro che vivono ogni singolo pasto, tre volte al giorno, come un incubo.

"Mangi per sopravvivere, ma tale sopravvivenza è un rischio mortale."

Ma è anche un privilegio; non tutti potevano permettersi un pasto decente al tempo del Führer. Eppure nelle mansioni di Rosa - e prima ancora di Margot -, la contraddizione è fortissima. Entrambe, chi per finzione chi invece realmente, hanno lavorato per il Male Assoluto. E lo hanno fatto attraverso il loro corpo. L’unico elemento che avevano a disposizione in quegli anni. 

Rosa è pertanto un personaggio sicuramente vissuto a contatto col nazismo, ma non – preme sottolineare all’autrice – nazista. Vive contigua allo stesso ma non ne assorbe ogni dettame e principio. Per sopravvivere deve però lavorare per esso. 
Per sopravvivere, si avvicina alla morte tre volte al giorno. Ma così deve essere.

Rosa potrebbe essere qualsiasi donna, che però desidera essere notata, essere vista per sentirsi finalmente viva. Rosa cerca quella vita, che nel regime nazista ha dovuto necessariamente accantonare, anche attraverso l’amore. Anche attraverso l’incontro con il nuovo comandante, Albert Ziegler, che arriva a scombussolare tutte le sue ideologie mantenute fino in quel momento.

L‘autrice, con questa narrazione densa e matura, riesce a scandagliare l’animo umano fin nelle più profonde contraddizioni e ossimori. 
Chi amare? 
Perché instaurare rapporti “umani” con il Male Assoluto? Per istinto di sopravvivenza?
E poi, da che parte schierarsi allora?
Questi gli interrogativi che si porranno anche i lettori di fronte all’opera di Rosella Postorino.
Consigliatissima. 

mercoledì 17 gennaio 2018

“Cartoline dalla fine del mondo” | 16.01.2018 incontro con Paolo Roversi

Ore diciotto di un martedì sera come tanti, la Milano dabbene nei negozi caldi e rumorosi, e noi in un vicoletto nascosto nei pressi di Corso Buenos Aires, ci avviciniamo verso El paso de los toros, un locale argentino lontano dalla vita frenetica dei maniaci di saldi. 
Entriamo e ci dirigiamo in una saletta con un tavolo imbandito da libri e un ragazzo gioviale con gli occhialoni neri e la barba ci dà il benvenuto. È l'autore, Paolo Roversi che, insieme alla casa editrice Marsilio, ci hanno invitato a prendere parte a questo evento.

Non è molto chiara la piega che potrà prendere la serata perché nessuno di noi si è mai trovato in una location del genere per ascoltare la presentazione di un libro, quindi siamo un po' incuriositi da tutta questa atmosfera.

Mentre tutti ordinano i loro drink alcolicamente colorati, noi sorbiamo con tranquilla nonchalance un buonissimo bicchiere di acqua e, dopo i convenevoli e il brindisi di rito, ci immergiamo nella chiacchierata con l'autore.

Il punto focale ovviamente è l'ultimo libro di Roversi, ovvero “Cartoline dalla fine del mondo”-  dal titolo volutamente e fortemente richiamante Sepúlveda, come ci spiega l'autore stesso – che segna il ritorno del giornalista ed hacker Enrico Radeschi, il quale, dopo anni vissuti da fuggiasco torna nella sua Milano, un po' per nostalgia e soprattutto perché ha tra le mani un nuovo caso che lo stuzzica: un omicidio all'interno del Palazzo dell'Arengario. 

Lo sfondo è la nostra Milano, una città cara a Roversi e ad altri che, prima di lui – ogni riferimento a Scerbanenco è scontato ma doveroso – l'hanno scelta come cornice per i loro racconti.

Anche il tema centrale non è nuovo, ossia il deep web, tanto è vero che autori come Donato Carrisi col suo ultimo lavoro “L'uomo del labirinto” e la Agatha Christie dei nostri tempi nonché amica Francesca Battistella con “La bellezza non ti salverà” hanno creato le loro trame proprio attorno a questo argomento pruriginoso ed accattivante.

Purtroppo complici le bollicine e il locale, forse poco adatto alla presentazione di un libro, diciamo che gli spunti da parte dei presenti sono stati un pochino scarsi, ma fortunatamente Paolo è stato capace di intrattenerci nel migliore dei modi, perché si è dimostrato molto socievole e simpatico.
Bello soprattutto quando ci parla dei suoi modelli, all'interno dei quali ci sono certamente autori del genere thriller e giallo come Carlotto, Scerbanenco, Ellroy e Vásquez Montalbán, ma stupisce tutti quando cita Bukowski come colui che gli ha fatto venire voglia di scrivere.

E dopo le foto e le dediche di rito ci salutiamo, sperando di rivederci e risentirci in un posto magari più intimo in cui poter parlare tranquillamente di libri e di progetti per il futuro.

lunedì 1 gennaio 2018

Top 5 (+1) dell'anno 2017 di Và!

Che il nuovo anno abbia inizio!
E' tempo oggi di fare una summa delle letture passate. Il 2017 si è rivelato l'anno delle ottime scoperte, soprattutto di romanzi italiani. Vi presento ora la mia Top 5 (+1!) dell'anno appena trascorso!

*

Il velo dipinto – S. Maugham

E' il romanzo della scelta. Una donna sposata solamente per convenienza, inizia una relazione extraconiugale. Alla scoperta dell'adulterio, il marito le pone dinnanzi una scelta: partire con lui per la Cina devastata dal colera, oppure divorziare, con tutto ciò che ne consegue.
Una scrittura lineare e accattivante fa da sfonda alla vicenda indimenticabile.

I pilastri della terra – K. Follett
Il romanzo che accompagna e unisce il filone storico con quello avventuroso, senza dimenticarsi di storie d'amore e di passione. Le vicende, fittizie ma con accenni a fatti storici realmente accaduti, si snodano attorno alla costruzione della cattedrale di Kingsbridge, nell'Inghilterra del XII secolo. Con una prosa fenomenale Follett ci regale guerre, misteri, intrecci drammatici e conflitti religiosi... un'esperienza di lettura che lascia davvero senza fiato.

La locanda dell'ultima solitudine – A. Barbaglia
Ci vuole poco a perdersi, sì, come poco ci vuole a ritrovarsi, se si ha il coraggio di aspettare.
Ci sono persone che aspettano una vita, in difficoltà, stringendo i denti, ma quando poi trovano la parte mancante di loro, è gioia, è saltelli per aria, è sorrisi e guance gonfie di felicità.” 
Ne ho parlato a lungo qui.


Golden boy – A. Tarttelin
E' la storia di Max Walker, un classico adolescente che si dimena nella giungla feroce della sua scuola e delle sue amicizie; per lui non tutto è così semplice perchè è "speciale": è un "intersex". Questo termine apre mille quesiti e preoccupazioni agli occhi del ragazzo, che lo porteranno anche di fronte alla definitiva scelta.
E' un romanzo dolcissimo e malinconico, ma anche tenace e testardo. Ed è consigliato a tutti quelli che hanno apprezzato "Middlesex" di J. Eugenides.

Magari domani resto – L. Marone
Luce.
Luce Di Notte è il riflesso che osservo allo specchio ogni mattina prima di andare a prendere il treno che mi porta nel mio mondo, fatto di avvocati (quelli veri e seri), di pile interminabili di carta e di volumi di diritto di cui non sopporto più la vista quando arriva il venerdì. E poi rientro il lunedì mattina e li accarezzo, perché alla fine, questo lavoro un po’ diverso dal solito, mi piace. E mi manca. Anche se ancora non ho trovato il mio posto nel mondo. Come Luce.”
Ho dato la mia opinione qui.

L'uomo del labirinto – D. Carrisi
C'era una volta una bambina, che si sentiva grande indossando il lucidalabbra.
C'era una volta una bambina, piacevolmente angosciata per l'appuntamento con il ragazzo dei suoi sogni.
C'era una volta un furgone dai vetri puliti, per specchiarcisi dentro e proprio lì, un coniglio agguerrito e assassino.”

Il thriller che ho amato di più.
Ne ho parlato qui.

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