venerdì 21 marzo 2014

Uomini e topi - John Steinbeck

Uomini e topi, John Steinbeck. 2013, Bompiani. 118 pagine.

Mia sorella è una tentatrice nata per quanto riguarda la lettura; era un po' di tempo che mi continuava a tartassare consigliandomi Steinbeck, e alla fine è riuscita a farmi capitolare.

“Uomini e topi” vede come protagonisti John Milton e Lennie Little (un John Coffee degli anni '30); sono lavoratori stagionali, e prima ancora, amici. Il primo è un lavoratore indefesso, l'altro un po' tocco; insieme sognano un giorno di acquistare una tenuta tutta per loro, una fattoria con campi sterminati e soprattutto ricca di animali, in particolare, conigli.

Un giorno mentre stanno vagando in un deserto terroso, trovano un nuovo lavoro in una nuova piantagione, dove faranno incontri che segneranno il loro destino; primo tra tutti, il padrone Curly, uomo irascibile e scontroso, e la moglie, che a prima vista può sembrare una donna molto “lasciva” ma che in realtà è semplicemente un personaggio solo, insoddisfatto del corso che ha preso inesorabilmente la sua vita, e delusa da tutto.

Lei sarà il punto focale della storia tra i due amici: proprio a causa sua infatti terminerà il rapporto tra i due e soprattutto la sorte di Lennie sarà disastrosa. Entrambi i protagonisti saranno vittime sacrificali di un destino beffardo.

Steinbeck ha ideato questo breve romanzo, un dramma che racchiude nei suoi personaggi la denuncia sociale di quell'epoca,  per un pubblico poco colto; infatti è ricco di dialoghi, molto semplici, così che tutti abbiano la possibilità di comprenderlo; aveva anche l'intenzione di renderlo poi un'opera teatrale (e così in effetti è stato).
Il problema dell'emigrazione contadina inoltre fa da sfondo alla vicenda; il coraggio di partire, di prendere in spalla una bisaccia semi vuota, e trovare lavoro altrove, in piccoli ranch, luoghi in cui le speranze sono fievoli ma non muoiono mai.

Steinback, col suo linguaggio quasi elementare, riesce a far amare i personaggi, a far mettere il lettore nei loro panni, e a soffrire, anche, con loro. Il suo romanzo è una lenta agonia, una spina che si conficca ogni paragrafo sempre più a fondo, e arriva alla fine a far male.
Ma nonostante questo, è impossibile smettere di leggerlo.

Consigliato a: coloro che amano i romanzi americani, schietti, diretti e commoventi, dallo stile quasi asciutto.

Citazione:
“Non è molto” disse George. “E' duro assai, ma non è un matto. E neanche io sono poi una cima, altrimenti non starei a caricare sacchi per i miei cinquanta e rotti”.

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