venerdì 28 giugno 2013

Open. La mia storia - Andre Agassi

Open. La mia storia, Andre Agassi. 2011, Einaudi. 502 pagine

Open. La mia storia
, l’autobiografia di Andre Agassi, è un meraviglioso romanzo. No, nessun errore, ho scritto proprio romanzo. E dirò di più: per il momento è il miglior romanzo che ho letto nel 2013. Grazie alla prosa e all’aiuto del premio Pulitzer, J. R. Moehringer, Agassi racconta se stesso dall’infanzia fino al ritiro dal mondo del tennis, avvenuto nel 2006, dopo lo US Open di quell'anno, all’età di 36 anni. E il risultato è un libro superbo, sul senso della vita, sul superamento degli ostacoli, sull’amore e, naturalmente, sul tennis. Sport che Agassi odia profondamente ma dal quale non può prescindere: più vuole smettere e più gioca. La prosa di Moehringer è divina, vi immerge nel mondo del campione di tennis, diventate Agassi e provate i suoi stessi dolori, fisici e mentali. E non riuscirete a smettere di leggere il libro per sapere cosa altro vi accadrà.

Difficile raccontare in breve la trama. Semplicemente è la vita di Agassi, cresciuto a pane e racchette dal dispotico padre Mike che per lui vuole un futuro da numero uno del tennis. Per questo, fin da piccolo, lo allena con il “drago”, una macchina lanciapalle che bombarda un bambino di 7 anni con palline che viaggiano a 180 km/h. E Andre cresce odiando profondamente questo sport. Nello stesso momento però Agassi si rende conto di possedere un talento eccezionale e di volere giocare e vincere. La sua carriera sportiva si svolge tra una voglia autodistruttiva e la ricerca della perfezione. Eccezionali i suoi compagni di viaggio: il fratello e poi manager Philly, l’amico di sempre Perry, il personal trainer Gil con la sua acqua miracolosa, Nick Bollettieri, il coach Brad Gilbert e il suo successore Darren, il sacerdote J.P. E poi le donne della sua vita: la silenziosa ma enigmatica madre Betty, le sorelle Tami e Rita, la prima fidanzata Wendi, la prima moglie Brooke Shields e infine lei, la moglie attuale e il suo vero amore: Steffie Graf con la quale ha due figli, Jaden e Jaz.

Il libro si apre con l’ultimo match vinto in carriera da Agassi, contro Marcos Baghdatis, allo US Open del 2006. E finisce con l’ultimo incontro perso, quello contro Benjamin Becker, al turno successo del medesimo torneo. Nel mezzo tanta vita e tante emozioni. Anche se non siete appassionati di tennis, Open. La mia storia è un libro che va letto. Perché racconta la vita di un uomo che cresce e matura, racconta delle sue paure, i suoi dolori, la sua fragilità, le sue cadute. Ma anche la sua voglia di non mollare, di rialzarsi, le gioie, la rinascita. Un ragazzino costretto a fare qualcosa che non vuole fare che si ribella in età adolescenziale ma che prende le sue rivincite sulla vita, maturando e vincendo un totale di otto Slam. Si scoprono cose mai sapute e alcune anche divertenti: per esempio la perdita precoce dei capelli che costringerà Agassi a usare un parrucchino; oppure il fatto che negli ultimi anni della sua carriera giocherà a tennis senza indossare gli slip sotto i pantaloncini. C’è anche l’ammissione di aver fatto uso di metanfetamine (mai con l'intenzione di vincere nello sport) e di aver mentito all'ATP per evitare una squalifica.

L'autobiografia romanzata si chiude ricordando il più grande progetto che Agassi ha realizzato grazie ai suoi guadagni: una scuola per bambini poveri della sua città natale, Las Vegas. La Andre Agassi Foundation for Education, una scuola pubblica modernissima ed efficientissima per bambini e ragazzi dai 3 ai 18 anni. E dove si fa naturalmente anche sport, ma non si gioca a tennis: si preferiscono gli sport di squadra, quelli che Andre avrebbe scelto se gli fosse stata data la possibilità di farlo.


Consigliato a: tutti. Qualsiasi cosa facciate nella vita, chiunque voi siate: leggetelo, parla anche di voi.

Citazione
: “Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi, non ci riesco. Continuo a implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto tra ciò che voglio e ciò che effettivamente faccio mi appare l’essenza della mia vita.”

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