giovedì 6 dicembre 2018

Penelope, la nuova Aracne col cervello

In questo periodo mi accorgo di aver voglia di leggere cose al femminile. No, non avete capito, non intendo romanzetti rosa, ma proprio scritti, libri, saggi di donne o che parlano di donne.
Oggi per l'appunto vi parlo de “Il canto di Penelope” di Margaret Atwood.
Tutti conosciamo Penelope, la leggendaria moglie di Ulisse, o meglio, Odisseo, che per gabbare i Proci, pretendenti al trono dello scomparso marito, ha ordito l'inganno della tela.
Bene, è proprio Penelope la narratrice della storia. Si trova negli Inferi, e, sotto forma, di un'opera tragica (monologo inframmezzato da un coro delle sue ancelle), ci narra la sua vita.

Il punto chiave di questo libro non sta nella storia in sé, poiché conosciamo tutti la vicenda epica di Ulisse e blablabla. Il punto focale sta nelle tematiche trattate, estremamente attuali.

Si parla di matrimonio, all'epoca – e purtroppo in alcune parti del mondo anche ora – questo significava uno stupro legalizzato. La donna non aveva possibilità di scelta. Non saprei dire se le cose andassero meglio per le donne di una certa posizione sociale – alle quali venivano riservati matrimoni decisamente più sfarzosi e con uomini di un certo rango – oppure alle povere derelitte, che magari a sposarsi non ci arrivavano nemmeno.
Fatto sta che la proprietà della donna in quanto bene, passava prima dalle mani del padre, a quelle del marito. Ripeto, le donne non potevano mettere becco in queste questione e dovevano accettare il tutto passivamente.

Si è citata prima la parola stupro, ebbene sì, all'epoca di Penelope non ci si scandalizzava, era una cosa all'ordine del giorno, tanto che addirittura il padrone in certi casi poteva dare la sua “benedizione” alla faccenda. Lo stupro, si legge anche nel romanzo, era talvolta utilizzato come escamotage, unito alla seduzione, per carpire informazioni (si veda la vicenda delle ancelle di Penelope che fanno le maliziose con i Proci).
La donna quindi era merce. Merce di scambio fra padre e marito, ma anche merce per avere informazioni importanti
.
E l'uomo non stava certo a vedere se la ragazza fosse bella o brutta, anche se, in questo romanzo, il tema della bellezza contro l'arguzia emerge dirompente, soprattutto in riferimento alla contrapposizione tra Penelope e la sua bellissima cugina Elena (sì, quella famosa scappata con Paride per la quale è scaturita la guerra di Troia. Sì, quella). Afferma Penelope:

Perché chi ha il dono della bellezza crede che chiunque altro al mondo esista solo come un divertente elemento di contorno?
 Penelope non era bella. Ma era arguta ed intelligente. Ed è questa sua rivalutazione che mi ha fatto amare questo libro. L'eroina è lei, la sua intelligenza, la sua furbizia e astuzia, e non più Ulisse, che qui viene dipinto quasi come un assassino e un uomo quasi vigliacco.


Questo libro è un inno alle donne capaci di dar testa agli uomini, e più in generale al mondo, non grazie alla bellezza ma al loro cervello.
Leggerlo significa tenere presente che, seppure il tempo continui a passare inesorabilmente, la condizione della donna rimane purtroppo ancora degradante rispetto all'uomo, è quindi necessario farci coraggio e usare la nostra intelligenza come ha fatto all'epoca Penelope.

1 commento:

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