La cena, Herman Koch, 2009, BEAT, 255 pagine.
Cosa succede quando due coppie legate da un vincolo famigliare indissolubile si ritrovano a cena in un ristorante di lusso? E soprattutto, cosa accade se entrambe non hanno il fegato di arrivare all'argomento “clou” per il quale sono lì?
Si sciorinano un numero imprecisato di chiacchiere, che va dall'ultimo film visto al cinema, alla politica, al razzismo, al cibo servito in porzioni minuscole su ampi piatti bianchi. Il tutto, contornato dalle chiare, esaurienti, (inutili?) spiegazioni futili del maitre che fa da cornice ai quattro personaggi seduti al tavolo.
Sì, perchè la scena è tutta lì: attorno ad un tavolo, passando dall'aperitivo (“della casa, 10 euro!!!”) ai primi piatti, fin verso il dolce, il digestivo e per finire, la mancia. I fratelli Lohman con le rispettive mogli si destreggiano ad evitare in tutti i modi possibili il fatto che li ha uniti, quella sera, lì: il futuro dei loro figli.
Rick e Michel sono quindicenni insospettabili, bravissimi studenti e pacati cugini. Fino a quando una sera non decidono di compiere una bravata insieme al cugino adottivo Beau (soprannome da loro datogli poiché proveniente dal Burkina Faso). Picchiano, deridono e sviliscono una barbona che ha cercato rifugio per la notte in uno sportello per il bancomat. Non paghi di ciò, la uccidono a mente fredda in un modo spietato: le danno fuoco.
I genitori dei ragazzi vengono portati a conoscenza dell'accaduto solo grazie alle immagini trasmesse dai telegiornali e sfidando la “convenzione di privacy” che dovrebbe esistere in ogni famiglia: controllando i video salvati sul cellulare dei propri figli.
Si apre così la “provocazione” di questo romanzo: come poter conciliare l'amore, l'affetto famigliare con la morale e il rispetto per la vita, ormai distrutta e finita, di un altro essere umano? La chiave del romanzo sta tutta qui: il dramma dei genitori di non riuscire a fare la scelta più oculata per salvare i propri figli, nonostante l'azione punibile e aberrante che essi hanno messo in atto.
Koch magistralmente tra una portata e l'altra fa vivere nel lettore l'ansia, la trepidazione, sentimenti contrastanti che convivono negli animi dei quattro personaggi principali; con loro, riusciamo a scavare nell'intimità di due famiglie (o meglio, di una grande famiglia) ormai “viziate”, crepate da quell'azione “spensierata” causata dai più giovani loro membri.
Una scelta, alla fine, verrà fatta. Ma chissà se sarà davvero quella giusta, quella che terrà conto di ogni fattore, famigliare e non.
Consigliato a: chi ama i thriller in formato “ridotto”, accompagnati da uno “schizzinoso” piatto di gamberi di fiume in vinaigrette di dragoncello e cipolline, e una bottiglia di Chablis. E, non per ultimo, a chi ama le “epopee famigliari”, con i loro intrighi, i loro segreti, in formato mignon.
Citazione:
“Si potrebbe aggiungere che le famiglie infelici, e soprattutto le coppie infelici, non riescono mai a stare da sole. Più testimoni ci sono, meglio è. L'infelicità è costantemente alla ricerca di compagnia. L'infelicità non tollera il silenzio, specialmente quei silenzi imbarazzanti che calano quando si è soli”.
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