Ubik,
Philip K. Dick, Fanucci editore, 240 pagine.
Io
seguo i consigli letterali solo di poche ed elette persone.
Mio cognato è entrato a far parte della cerchia dopo avermi parlato
di Ubik, fantascienza e surrealtà allo stato puro. Mi sono
persa nello stile secco e angosciante di Dick ed è stato difficile
tornare alla realtà (“realtà? Quale realtà?”).
Sì,
perchè di realtà (diverse) si tratta.
Ci
troviamo nel futuro, precisamente nel 1992. La realtà principale è
quella in cui si trovano Joe Chip, protagonista indiscusso del
romanzo, ed i suoi compagni della Runciter Associates (agenzia di
neutralizzazione); una realtà moderna, tecnologica, dove le macchine
hanno la meglio sugli esseri umani e sono capaci di spillare loro
quattrini anche per farli uscire dalla propria casa. E' una
dimensione, questa, fatta di viaggi sulla Luna, di dinamitardi
nascosti e di morte (Glen Runciter, presidente della omonima agenzia,
sarà il primo a morire). Da qui partirà il contrattacco da parte
del protagonista nei confronti di Ray Hollis, ideatore e artefice
dell'offensiva “lunare”.
Una
volta fatto ritorno a casa però, Joe e i suoi compagni si ritrovano
in un mondo completamente sballato. Notano il cambiamento fin dalle
minime cose: il caffè ammuffito, la panna inacidita, il telefono –
ultimo modello - che fino a qualche ora prima continuava
imperterrito a domandare monete per poter fare il suo lavoro, ora
risulta essere tornato come quello dei “bei vecchi tempi”, dove
all'altro capo la gentile signorina rispondeva “prego, il numero?”.
Tutto
è scombussolato. La realtà è scombussolata. E' tornata indietro
nel tempo, precisamente nel 1939. E' strana. Come strani si sentono,
lentamente, mano a mano che il tempo passa, Joe e i suoi colleghi.
Uno per uno saranno divorati, accartocciati, destrutturati. E
raggiungeranno la morte.
E
allora lo scopo ultimo del protagonista sarà lottare.
Lottare
contro chi ha portato ad un cambiamento così drastico, chi ha
portato alla dissolvenza i suoi amici, tra esperienze improbabili e
incontri ravvicinati quasi impossibili, chiedendosi quale sia il vero
mondo.
Per
scoprire forse che alla fine è tutto un gioco. Un gioco del più
forte. Un gioco di colui che guarda dall'alto e tutto controlla
(e ride, anche). Metà campo occupata dai “buoni” e l'altra
metà dai “cattivi” (o dal “cattivo”?). L'eterna lotta tra il
Bene e il Male contestualizzata in un ambiente fantascientifico, dove
tutto è il contrario di tutto, dove dall'alto scende indisturbato il
“Salvatore” del mondo, Ubik, ancora una volta figlio del
commercio del tempo, uno spray capace di far tornare tutto “come
prima”; ma è anche la mano amica; ma è anche Ella la
donna angelo; ma è anche il nulla che pervade l'aria attorno ai
protagonisti.
Dick
con maestria si diverte beffardamente e sadicamente a prendersi gioco
di noi: ci fa trattenere il fiato insieme ai personaggi e ci fa
piangere e soffrire con loro; ci fa provare palpitazioni e ci fa
costantemente voltare indietro la testa per controllare se siamo
seguiti o no. Ci fa tirare un sospiro di sollievo verso la fine, per
poi burlarsi di nuovo e farci ricominciare da capo.
Sì, perchè “Ubik” è questo: un cerchio, una storia concentrica che non finisce mai e che ritorna sempre all'inizio. Che destabilizza. E che da' un suggerimento: controllare sempre le istruzioni per l'uso!
Consigliato
a:
chi vuole avvicinarsi alla fantascienza attraverso un viaggio
allucinogeno senza dover assumere necessariamente droghe di alcun
tipo.
Citazione:
"Da
quando, chiese Don Denny a Francy, hai bisogno di droghe
psichedeliche per ottenere allucinazioni? Tutta quanta la tua vita
non è altro che un'allucinazione ad occhi aperti."
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