Cloud
Atlas, L’Atlante delle nuvole. David Mitchell, 2004. Sperling &
Kupfer per Frassinelli. 597 pagine
Un romanzo può essere bello, brutto, scorrevole, illeggibile
e tanto altro. Ma raramente un romanzo è sorprendente soprattutto agli occhi di
quei forti lettori che ne hanno lette di ogni. Cloud Atlas - L’Atlante delle nuvole non solo è un libro
scritto molto bene, ma è esattamente quello: sorprendente. E per svariate
ragioni. Non ho visto il film dei fratelli Wachowski ma ho letto critiche in
merito che parlano di una pellicola molto diversa dal romanzo, come spesso
capita. E molto spesso il cinema perde il fascino e il vero significato che il
romanziere intendeva dare alla storia.
Cloud Atlas - L’Atlante delle nuvole è strutturato in sei
storie apparentemente distinte; sei racconti ambientati in sei diverse epoche
temporali e narrati secondo un ordine cronologico. Si va dall’Ottocento del XIX
secolo de Il diario dal Pacifico di Adam Ewing agli anni Trenta del Novecento
delle Lettere da Zedelghem; dagli anni Settanta di Mezze vite: Il primo
caso di Luisa Rey ai giorni nostri de La tremenda ordalia di Timothy Cavendish.
Per finire con due ipotetici futuri in Il Verbo di Sonmi-451 e in Sloosha
Crossing e tutto il resto.
I primi cinque racconti sono anche i primi cinque capitoli
dell’opera e si interrompono tutti a metà nella trama. Il racconto centrale, il
sesto, viene invece sviluppato interamente; quindi si riprende a ritroso
concludendo la quinta storia, la quarta e così via. Ma ogni racconto è legato
all’altro in qualche modo: i personaggi sono connessi tra loro da particolari e gli stessi capitoli lo sono. Quale storia mi è piaciuta maggiormente? Non è facile
dare una risposta. Ogni trama è coinvolgente e ci si affeziona a tutti i
protagonisti. Quindi risponderei: tutte. E il merito va a una sola persona:
l’autore. David Mitchell è un maestro e si vede. Usa sei stili di scrittura
diversi, tutti piacevoli e scorrevoli, per ogni storia narrata: un diario, un
racconto epistolare, un racconto thriller, un’autobiografia comica-ironica, un’intervista
e un racconto in prima persona molto colloquiale e primitivo.
Ma Mitchell riesce soprattutto a coinvolgere il lettore che
quando arriva all’interruzione di una trama non vede l’ora di arrivare alla
seconda parte della stessa e, per farlo, c’è solo un modo: continuare a
leggere, magari velocemente.
Non c’è una vera trama globale per questo libro; c’è invece
un’idea di fondo: l’uomo è destinato all’autodistruzione. Siamo senza speranza
per colpa della nostra innata brutalità; nella storia dell’homo sapiens regnano
l'avidità e la brama di potere. Mitchell affronta il tema ambientalista e
antiliberale in modo netto, condannando i Poteri forti e lo sviluppo e il
progresso scientifico che avvicinano l’uomo alla catastrofe. Per evitare la fine
servono uomini di buona volontà perché se è vero che siamo solo gocce in un
oceano sconfinato, è anche vero che l’oceano è proprio una moltitudine di
gocce.
Consigliato a: chi ha visto il film per rendersi davvero
conto di cosa Mitchell volesse dire. Ma soprattutto a chi ama la bella e grande
letteratura inglese. Non rimarrete delusi dallo stile dell’autore e dalla sua
capacità di narrare. In Cloud Atlas - L’Atlante delle nuvole si riflette, si sorride e ci si indigna.
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