Eva Luna racconta,
Isabel Allende. Universale Economica Feltrinelli, 1990. 253 pagine,
7.50 euro.
Voto: 10/10
“Ma il visir aveva
una figlia di grande bellezza chiamata Sheherazade […] che era
molto eloquente ed era un piacere ascoltarla” (Le mille e una
notte)
E' proprio quando ti
mancano le storie, quando ti manca qualcosa da leggere, che chiedi
aiuto a principi – nel mio caso – lontani per avere
qualche suggerimento; casualmente mi consigliano una Isabel
Allende che avevo accantonato in terza fila in libreria, perchè
il posto da me è quello che è, dopotutto.
Sfoglio le prime pagine,
inconsapevole di quello che mi sarei trovata davanti di lì a poco.
Divoro i primi due racconti e mi si apre una porta
di magia e di adorazione. Ogni breve storia costituisce un altare
pagano inneggiato e costruito a donne. Donne diverse e splendide
insieme. Si apre proprio così questo piccolo volume: con l'erotismo
dolce e pungente, tanto caro all'autrice; il proemio
delle lunghe e inimmaginabili gesta delle differenti protagoniste.
Eva
Luna è la nostra Sheherazade, la narratrice, colei che “pensa
per parole”; è la Penelope di questa tela fatta di racconti,
intrisa di trame fantastiche dove si fanno spazio attori diversi. I
personaggi qui descritti si ritrovano ai margini quasi della
società, chi per un verso, chi per un altro. C'è la matta del
villaggio, c'è colei che ha deciso “di vendere per un momento
l'illusione dell'amore”, c'è la ragazzina infatuata del bel
giovanotto compagno immeritato della madre. C'è un universo di
femminilità, qui. Donne che scappano da una realtà priva di vita e
che si accostano a colonnelli, ricchi signori e anche marinai.
Il
romanzo – mi piace definirlo tale, mi piace immaginare che sia una
sorta di lungo racconto dove la protagonista cambia solamente nome in
ogni capitolo – è l'emblema della riscoperta dell'amore,
attraverso l'anima e il corpo. L'incontro di pelle contro pelle
dei protagonisti è strabordante, esoterico e talvolta, purtroppo,
anche nullificante. E in tutto questo, colui che rimescola le carte
in tavola e che regala finali sorprendenti è sempre e solo il
destino.
Nonostante
lo stile fiabesco e suadente dell'autrice, talvolta tra le righe si
riesce a percepire la tristezza e la compassione che sopportano
indefesse quelle donne, docili e passionali al contempo. I caratteri
della scrittura di Isabel Allende si rivelano, anche in questa sua
opera, fondamentali per apprezzarla al meglio: brevità e concisione
la fanno da padrona; lei riesce a parlare di passioni umane
con maestria e a presentarci un dizionario di umanità femminile
vastissimo.
Consigliato
a: tutti gli uomini. E alle donne forti, perchè si
rispecchieranno nelle varie protagoniste. E a quelle deboli, perchè
potrebbe essere un buon esercizio di vita.
Citazione:
“Eravamo talmente vicini che
non potevamo vederci, assorti entrambi in quel rito urgente, avvolti
nel calore e nell'odore che emanavamo insieme”.
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