Lamb, Bonnie Nadzam. Edizioni Clichy, 2015. 240 pagine.
E' una storia ambigua, quella raccontata da Bonnie Nadzam. E' un viaggio tra un paesaggio brullo e roccioso, da un lato, e tra il cuore umano vulnerabile dall'altro.
Lamb, il protagonista che da' nome al romanzo, è un cinquantenne arrivato alla fine della sua esistenza; insoddisfatto, solo, nonostante una relazione da amante intrapresa con una giovane collega; rimasto ormai orfano dopo la morte del vecchio padre pazzo, per lui la realtà è come se avesse perso senso. Perchè continuare così? si chiede un giorno, sigaretta spenta in bocca, chiuso in macchina, in un parcheggio semi-deserto.
E' il momento clou; il momento in cui conosciamo la sua compagna d'avventura; una donna alta e bionda e bellissima e affascinante e coetanea di Lamb? Siete fuori strada. E' Tommie. Questo è il suo nome. E' il nome di una ragazza, undicenne, che si trova al confine tra la fanciullezza e l'essere donna. Uno stupido scherzo ideato dalle sue amiche eccentriche, troppo piccole per il rossetto alle labbra, è ciò che fa avvicinare Lamb a Tommie.
Due personaggi che, nonostante i dati anagrafici, non possono assomigliarsi di più. Per entrambi la vita non ha più significato. E forse è giunto il momento di ripartire insieme, di ricominciare, in una qualche maniera.
E forse il modo di iniziare di nuovo scelto da Lamb non è il migliore.
Sembra un rapimento, all'inizio. Ma lo scopo del protagonista è quasi pedagogico: ammonisce la piccola Tommie di non dar retta agli sconosciuti. Ma la storia procede e si dipana velocemente – grazie anche allo stile rapido, incalzante, ricco di dialoghi, della Nadzam – e diventa via via più assurda.
L'egoismo di Lamb celato dal desiderio di ammaestrare la piccola Tommie, porta i due in un viaggio lungo e in un retroscena dimenticato dal mondo. Se l'interazione tra i due all'inizio è simile a quella tra maestro e allieva, nel momento in cui i chilometri aumentano, il rapporto diventa sempre più scabroso, imbarazzante, forse anche al limite della decenza.
Al desiderio di insegnamento, si sostituisce quello morboso di appropriazione, per Lamb, e di appartenere a qualcuno, per Tommie. Due facce opposte e simili al contempo che si incontrano. Un perfetto yin e yang, un incastro completo. Strano, innaturale anche, ma completo.
E Bonnie Nadzam ce lo fa gustare fino in fondo.
Consigliato a: coloro che sono i padri del moralismo attuale. Forse leggendo questo libro, qualcosa dentro di loro si scioglierà un po'.
Citazione: “La nostra ragazzina puntò lo sguardo sull'acqua, gli affusolati rami delle betulle che tremavano dietro di lei. Possiamo nuotarci? Le si vedeva un poco il pancino sotto la flanella pulita e candida, una costellazione di lentiggini sulle guance e sul dorso delle mani, e Lamb avrebbe voluto congelarla, bloccarla così, per averla per sempre com'era in quel momento. Rubarla alla donna che l'avrebbe portata via, un giorno per volta”.
Lamb, il protagonista che da' nome al romanzo, è un cinquantenne arrivato alla fine della sua esistenza; insoddisfatto, solo, nonostante una relazione da amante intrapresa con una giovane collega; rimasto ormai orfano dopo la morte del vecchio padre pazzo, per lui la realtà è come se avesse perso senso. Perchè continuare così? si chiede un giorno, sigaretta spenta in bocca, chiuso in macchina, in un parcheggio semi-deserto.
E' il momento clou; il momento in cui conosciamo la sua compagna d'avventura; una donna alta e bionda e bellissima e affascinante e coetanea di Lamb? Siete fuori strada. E' Tommie. Questo è il suo nome. E' il nome di una ragazza, undicenne, che si trova al confine tra la fanciullezza e l'essere donna. Uno stupido scherzo ideato dalle sue amiche eccentriche, troppo piccole per il rossetto alle labbra, è ciò che fa avvicinare Lamb a Tommie.
Due personaggi che, nonostante i dati anagrafici, non possono assomigliarsi di più. Per entrambi la vita non ha più significato. E forse è giunto il momento di ripartire insieme, di ricominciare, in una qualche maniera.
E forse il modo di iniziare di nuovo scelto da Lamb non è il migliore.
Sembra un rapimento, all'inizio. Ma lo scopo del protagonista è quasi pedagogico: ammonisce la piccola Tommie di non dar retta agli sconosciuti. Ma la storia procede e si dipana velocemente – grazie anche allo stile rapido, incalzante, ricco di dialoghi, della Nadzam – e diventa via via più assurda.
L'egoismo di Lamb celato dal desiderio di ammaestrare la piccola Tommie, porta i due in un viaggio lungo e in un retroscena dimenticato dal mondo. Se l'interazione tra i due all'inizio è simile a quella tra maestro e allieva, nel momento in cui i chilometri aumentano, il rapporto diventa sempre più scabroso, imbarazzante, forse anche al limite della decenza.
Al desiderio di insegnamento, si sostituisce quello morboso di appropriazione, per Lamb, e di appartenere a qualcuno, per Tommie. Due facce opposte e simili al contempo che si incontrano. Un perfetto yin e yang, un incastro completo. Strano, innaturale anche, ma completo.
E Bonnie Nadzam ce lo fa gustare fino in fondo.
Consigliato a: coloro che sono i padri del moralismo attuale. Forse leggendo questo libro, qualcosa dentro di loro si scioglierà un po'.
Citazione: “La nostra ragazzina puntò lo sguardo sull'acqua, gli affusolati rami delle betulle che tremavano dietro di lei. Possiamo nuotarci? Le si vedeva un poco il pancino sotto la flanella pulita e candida, una costellazione di lentiggini sulle guance e sul dorso delle mani, e Lamb avrebbe voluto congelarla, bloccarla così, per averla per sempre com'era in quel momento. Rubarla alla donna che l'avrebbe portata via, un giorno per volta”.
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